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06-03-2023 Nota tecnica



Ci stiamo abituando ad inverni caldi e con poche precipitazioni. Le notti, ancora relativamente fredde, riportano al terreno (e quindi alla vegetazione) l’umidità che ristagna negli strati più bassi dell’atmosfera e così, per ora, le piante non sembrano soffrire. D’altronde esse, per la maggior parte, sono in riposo vegetativo cioè con limitatissime esigenze di approvvigionamento idrico.

Però ormai l’inverno è agli sgoccioli e la vegetazione si sta avviando al risveglio in modo sempre più veloce e anticipato per le condizioni climatiche.

La mancanza di precipitazioni potrà influire sulle fioriture che si presenteranno anticipandone diverse, accorciando la loro durata, diminuendo la produzione di nettare dei singoli fiori. Insomma è un quadro già visto nei passati anni: una primavera che parte con il “botto”, cioè con tante specie di piante che fioriscono contemporaneamente mentre gli alveari non sono abbastanza pronti per approfittarne e alla quale succede poi un calo di disponibilità.

Diviene quindi sempre più importante saper integrare in modo tempestivo con alimentazione artificiale queste riduzioni di disponibilità delle fonti di approvvigionamento naturali. Elemento acuito soprattutto là dove c’è un’alta concentrazione di apiari.

L’apicoltura è fra le attività agricole la più difficile da gestire e con una produttività fra le meno costanti di tutto il comparto poiché è legata a una fase fenologica delle piante troppo delicata ed estremamente sensibile alle variazioni climatiche.